E’ pomeriggio sera quando mi squilla il cellulare.
Rispondo: “Si, pronto?”.
Una voce sottile di giovane donna mi dice fredda: “Mi dai il tuo numero?”
Il tono che usa mi infastidisce e poi penso “Ma se mi hai chiamato tu, che cavolo mi chiedi a fare il numero?”.
Immaginando uno scherzo, guardo il telefono e riattacco senza dire niente.
Dopo una decina di minuti squilla il telefono di casa.
Rispondo.
Dall’altra parte un’altra volta la stessa voce: “Mi dai il tuo numero?”.
Ma più ferma e aggressiva.
Questa volta mi spavento e metto giù di istinto.
Dopo poco suona il citofono.
Non aspetto nessuno.
Ho un timore, ma mi sembra assurdo, così rispondo e dalla strada sempre la stessa ragazza mi dice: “Mi dai il tuo numero!”.
Più un’affermazione che una domanda.
“Nooo!” urlo nel citofono.
E vado a chiudermi di corsa nella mia panic room, che altro non è che una stanza con la porta blindata.
Ma non faccio in tempo a chiuderla e sono già dentro, perché la ragazza non è da sola.
Ma con altri due, come sempre.
Inizio a scappare, a correre di corsa giù per la strada.
E loro mi rincorrono.
Il più alto dei tre mi lancia della benzina da una tanica.
Vuole darmi fuoco.
Ma penso “Per riuscirci deve prendermi prima! Lui è lento e pesante, io sono più veloce e allenata. E poi la benzina evapora, l’olio no!”
Così rubo una bottiglia che vedo su uno dei tavolini del ristorante lungo la strada e gli lancio il contenuto addosso nel momento in cui stava accendendo una torcia destinata a me.
L’uomo inzia a bruciare lanciando urla terribili.
Finalmente mi sveglio e penso…certo che ‘sto numero.. glielo potevo pure dare!